La nostra storia

Ciò che segue è estratto da un libretto creato da Mario Raspanti in occasione del decennale del Gruppo, trascritto e sintetizzato da Andrea Bonfiglioli…

L’idea

Il 15 novembre 1979, dopo contatti avuti a voce e per telefono con Padre Damiano a Imola e la Signora Adele Selleri a Bologna, è partita la lettera di richiesta per la costituzione del “Gruppo Scout” a Castel San Pietro con i nominativi di alcuni genitori interessati all’iniziativa: 1) Dante Passerini, 2) Francesco De Franceschi, 3) Marisa D’Arpe Piol, 4) Giuseppe Martoni. La lettera viene inviata al Comitato regionale dell’AGESCI, a Bologna.

13 dicembre 1979, ore 20:30. Riunione presso il Ricreatorio Parrocchiale con presenti Martoni, De Franceschi, D’Arpe ed Ottavio Tubertini (Capo Zona di Bologna – Ponticella), Glauco ed Annamaria ed altri due capi di Ozzano. Lettura del “Patto Associativo” ed illustrazione del progetto educativo scoutistico. Gli scout presenti spiegano che occorre partire dalla formazione della “Comunità Capi”, un gruppo di persone di età e formazione diverse, che dopo un lungo lavoro di preparazione, quando saranno bene a conoscenza dello scoutismo, potranno iniziare il lavoro con i ragazzi.

Il Gruppo di Ozzano è di recente costituzione ed ha ancora grossi problemi, quindi non può delegare una persona qui a Castello. Conclusione: è necessario trovare altre persone sul luogo disposte ad impegnarsi e poi si provvederà. All’uscita, nella fredda notte di dicembre, i tre presenti (Marisa, Beppe, Francesco) si sono guardati in faccia preoccupati dalle difficoltà prospettate dagli intervenuti ma hanno deciso di continuare parlando del progetto con conoscenti ed amici per arrivare, dopo alcuni contatti, al Gruppo Scout di Imola.

La prima uscita

[…] Il primo maggio a Vedriano è una scampagnata tutti insieme: si va in macchina con nonni e bimbi, si accende il fuoco e si cucina alla brace e si progetta. L’atmosfera è ancora un po’ vaga ma quasi giusta, la gente si interessa.

Per tutti i sabati successivi ci si incontra alla Biblioteca dei Frati. C’è tutto un giro di facce nuove che appaiono e scompaiono ma contemporaneamente si va consolidando un nucleo di gente interessata, con i suoi riti: “Ehi, siediti, c’è ancora un baule” dice Dante ogni volta ai ritardatari.

Mimmo Muscari (capo scout di Imola) ha preso il controllo della situazione, è stato soprannominato “Capo Motociclista” per il suo pendolarismo da Imola sul suo Morini 250 (“lo tengo carburato magrissimo, va quasi ad aria”) ed approfondisce, uno alla volta, gli aspetti del Metodo. È stupefacente ripensare adesso a quanto poco si può capire di una spiegazione, anche fatta da uno come Mimmo, quando non si ha veramente NESSUNA conoscenza preliminare dell’argomento.

Si decide di fare un’uscita: ormai bisogna toccare con mano le cose di cui parliamo. Ovviamente la prima cosa che serve è un posto dove farla. Tra l’altro, pochi di noi conoscono bene la zona.

Viene proposto un punto oltre San Clemente, un prato isolato tra le colline, “grande circa come un campo da tennis”. Si programma con cura l’uscita per sabato 21 e domenica 22 giugno, l’equinozio di primavera, con partenza in macchina ma con un tratto a piedi per cominciare a capire cos’è lo stile (non ridete). L’uscita, preceduta da ricerche convulse di sacchi a pelo in prestito e di tende di seconda mano, è qualcosa di fantozzesco: al sabato una vera armata Brancaleone si presenta con macchine e portapacchi traboccanti di articoli da picnic (“Un’uscita è una specie di picnic, no?”). Solo l’incrollabile fede di Mimmo gli impedisce di voltare la moto e tornare subito a Imola.

Ma l’uscita è anche qualcosa di glorioso, ed il posto è bello davvero: chiamato semplicemente “campo da tennis”, resterà uno dei punti fermi delle nostre uscite per anni. Per quasi tutti è la prima volta di tutto: la cena al sacco ma con tutti i viveri in comune, la costruzione del focolare circolare di sassi, la raccolta della legna, il taglio dello spiedino (nasce subito la tradizionale gara di affilatura tra Mirko e Mario), il sole che tramonta dietro le colline e per la prima volta ci lascia soli con le nostre tende, lontani da casa.

È la nostra Brownsea. Qui germogliano quelle che domani saranno tradizioni: la notte qualcuno dorme all’aperto, accanto al fuoco, qualcun altro cade nel torrente cercando di depredare la cambusa. Il giorno dopo ci aspetta la discussione del Patto Associativo, scuola di nodi e cucina alla trappeur. “A me la carne piace al sangue” tenta di scherzare Dante dopo alcune ore di tentata cottura. “Io no, la preferisco ben cotta” commenta invece Stelio, serissimo, spegnendo accuratamente il suo spiedino in fiamme. Carlo Savorani inizia un’altra leggenda precipitando nel fango del torrente mentre cerca di prendere la palla, nello stesso posto ed allo stesso modo in cui qualche anno dopo cadrà suo figlio Andrea (talis pater, talis filius); Dante torna a casa dall’uscita e si sente chiedere dalla premurosa moglie “Avrai fame, vero, caro? Ti ho preparato gli spiedini”. A questo punto la prima Comunità Capi e le sue tradizioni esistono già.

La diversità

Molti dicono che la diversità è un dono e che il dialogo, magari anche la conflittualità, arricchisce. Lo dicono, perché poi di fatto sono solo parole. Ma se c’è mai stato qualcuno che ha sperimentato nella pratica questo principio, è stata quella primitiva CoCa. Alla chiamata – ciascuno alla sua – hanno aderito le persone più svariate, in età dai sedici ai quarant’anni, da chi non ha finito la scuola dell’obbligo ad un radioastronomo del CNR, da due ragazze di Comunione e Liberazione a due tesserati del Partito. Ognuno col suo personale motivo, tutti credono nel futuro del Gruppo e questo basta ad unirli più di quanto altre cose li dividano. E con questo impegno da fronteggiare, tutta questa gente, per un po’, per un lungo bellissimo periodo, sarà troppo impegnata a progettare e a costruire insieme per pensare alle differenze. […]

La nuova sede

Il problema del momento è ben più concreto: avere una sede ove potere, un domani, fare attività. La sede è un problema grave per tutti i gruppi scout, perché dobbiamo averne l’uso esclusivo anche se la usiamo solo il sabato.

Nel convento è ospitata, in un’ala con ingresso autonomo, la bottega di un falegname ormai a riposo. Sembra la bottega di Geppetto: è piccola, col pavimento di vecchie assi e con le pareti ricoperte di una serie incredibile di attrezzi di tutte le misure. Sulla parete di fondo, una porticina dà su un approssimativo vespasiano e da lì su un corridoio intasato di ciarpame. In un certo modo è un peccato manometterla, è un altro pezzetto del nostro passato che scompare.

Ma dobbiamo essere realisti. Quello non è un museo, prima o poi sarà sgomberato comunque da qualcun altro. E quella stanza serve a noi. Per intercessione di Padre Severino, il falegname viene convinto a mettersi a riposo del tutto: vende la sua splendida serie di attrezzi antichi e noi prendiamo possesso del luogo. Il pavimento di legno cariato, che cede sotto i passi, viene divelto da Paola Piana, da Maria Grandi e da Piero Mirri e si scopre che sotto c’è un pavimento più bello, di mattoni. Dalle pareti viene divelta l’esorbitante quantità di chiodi che sostenevano gli attrezzi. Il corridoio ingombro, subito chiamato Il corridoio della Madonna per via di una statua in gesso della medesima, viene liberato. La stanza viene riadattata, riverniciata, le finestre riparate. […]

Lo spionaggio estivo

Estate 1980. L’estate porta i campi estivi e l’occasione di vedere al lavoro gli scout “veri” – cioè, per noi, quelli di Imola. Mimmo accompagna Marisa, Patrizia, Cinzia e Mario a Strabatenza (Forlì) a vedere per due giorni le VdB dei tre branchi di Imola, riuniti per l’occasione. Qui ritroviamo Riccardo Buscaroli che fa il cambusiere. Va precisato che se fare il cambusiere in branca L/C è comunque faticoso, farlo per tre branchi, 100-120 ragazzi più 12-15 capi, è pazzesco: non è il posto dove ci si aspetta di trovare un “grande capo” come Riccardo. Ma lui se ne sta lì, tranquillo nella sua cucina, e trova persino il tempo (e la capacità) di riciclare gli avanzi e fare la marmellata con la frutta che sta per andare a male. E non è tutto: la mattina dopo, all’alba, mentre cerchiamo di vedere i cervi nel bosco sotto casa, l’Assistente Ecclesiastico, Padre Marcello, lascia il campo e torna solo a mezzogiorno, sempre a piedi, carico di pesce per tutti preso con le mani nel lontanissimo torrente di fondo valle.

Sono grandi lezioni per tutti noi. Se lo scoutismo è fatto di disponibilità, di competenza, di spirito di avventura, ora queste cose le abbiamo viste. Patrizia e Mirko fanno dure giorni a Valsalva (valle del Santerno) a vedere il campo degli E/G di Imola-Zolino, raggiunti, tra gli altri, da Cinzia, Mario e Mimmo (imperturbabile sulla sua NSU-Prinz). Il ricordo dell’orribile pollo arrosto dei Giaguari, che mi ospitano a cena, mi perseguita ancora nelle notti di luna piena.

Altri vedono altri campi ancora. L’esperienza (?!) si accumula. […]

Si parte!

Inverno 1980. È iniziato il nostro apprendistato: ora siamo noi i pendolari dello scoutismo. Ogni sabato pomeriggio si salta in macchina e via, chi scende ai Cappuccini e chi all’Osservanza, e ogni settimana si fa direzione con gli staff di Imola. I capi di Imola sono disponibilissimi, si fanno in quattro, ma per noi è dura. Non tutti reggono proprio-proprio assiduamente. Intanto si fanno progetti per le nostre unità: si decide che il primo branco, ad esempio, sarà misto (sull’esempio di Imola) e limitato a 24 lupi arruolati quasi “per invito” – poi, se va bene, il secondo anno si entrerà a regime.

Arrivati alla conclusione della Pista di Natale, siamo stanchi di scendere e salir per l’altrui scale (un minuto di cultura). L’ora delle grandi, irrevocabili decisioni è giunta: nel 1981 si parte.

Il nuovo fazzolettone

I primi giorni del 1981 passano negli ultimi preparativi, ritocchi alla sede, cose prosaiche come le stecche cui appendere i cartelloni, ma anche come le iscrizioni dei nostri primi lupetti, esploratori e guide – pionieri come noi. Alla porta delle sede viene anche affisso un famoso cartello del tipo “Zio Sam vuole anche te, ecc. ecc.”. Decidiamo anche, molto laboriosamente, i colori del fazzolettone: metà giallo e metà rosso, con il rosso portato a destra. Viene subito definito dai suoi detrattori fazzolettone antinebbia. […]

Le attività con i ragazzi proseguono. Le branche formano sestiglie e squadriglie “sulla fiducia”, visto che ben poco differenzia realmente tra loro i ragazzi. In qualche caso la nostra inesperienza si rivela persino un vantaggio: la prima caccia del Branco, nei paraggi della Ghisiola, è già una caccia “vera” senza nessuna casa-appoggio e viene preparata come se fosse lo sbarco sulla Luna, disegnando persino una mappa del terreno con tutti i nostri spostamenti. Al ritorno dalla caccia siamo tutti sfiniti ed infangati fino agli occhi, ma la nostra soddisfazione è così grande che – così come siamo – andiamo al Rialto a festeggiare. Comincia la consapevolezza di essere scout anche in pubblico.

Il campo estivo

Ormai la cosa è avviata, noi siamo più rilassati. Di sabato in sabato, le settimane volano fino alla fine delle attività.

I campi estivi sono però un altro problema, perché di nuovo tutto deve essere fatto per la prima volta: occorre trovare un posto, un cambusiere, decidere il programma ma anche il menù, fare la spesa, provvedere ai trasporti, alle sistemazioni… e – ancora – non possiamo copiare da nessuno.

Alla fine si decide che il campo E/G si farà a Valsalva. Il materiale, problema immane della branca E/G, è gentilmente prestato dal reparto di Imola-Zolino: lo stile del campo, quello è completamente nostro. Le cucine, ad esempio, sono tutte del tipo interrato, ricavate in un pendio, cosicché le funi che fissano le coperture percorrono anch’esse tutto il pendio e, tipicamente, scavalcano un cespuglio di spini e si fissano con un picchetto di fortuna nel bel mezzo di un campo di grano. Al momento della cambusa, inoltre, tutto il reparto scompare giù per i pendii e dentro le trincee in pieno stile Grande Guerra.

Il campo L/C, invece, si farà a Sassuno, nel posto della nostra seconda uscita di CoCa, ed essendo noi in una fase così sperimentale durerà solo quattro giorni. […] I campi sono andati bene e c’è stato un grande spirito di condivisione: la direzione Lupetti ha visitato il campo degli E/G, Fabio è venuto a dare una mano alle VdB… ma quello che conta veramente è che il primo anno si è concluso in gloria per tutti.

E uno.